Oggi vi scrivo per presentarvi THE WODEN'S DAY, il nuovo romanzo di Tania Paxia.
Se seguite già da un po' il mio blog, saprete che adoro questa autrice e i suoi romanzi autopubblicati. I suoi libri sono un concentrato di romanticismo e simpatia, che ogni volta mi lasciano sempre di buon umore per diversi giorni. Questo è il potere dei bei libri!
Ho deciso, quindi, di dedicarle l'appuntamento di questa settimana della mia rubrica New BOOK to MARK perché Tania Paxia ha al suo attivo talmente tanti romanzi, che ormai nella sezione Spotlight on... ci stava un po' stretta. XD
The Woden's Day di Tania Paxia, disponibile da domani 17 marzo 2016 (è già possibile preordinarlo!), racconta l'amicizia "di sempre, ma non in pubblico" di Woden e Carter. Tuttavia, la fine del liceo si avvicina, rischiando di far terminare i loro segretissimi incontri del mercoledì "The Woden's Day", appunto. Il Diploma determinerà sul serio la fine ai loro incontri e, di conseguenza, anche alla loro amicizia? O riusciranno insieme a scoprire cosa veramente li lega e a trovare una soluzione?
Informazioni e Trama
Autore: Tania Paxia
Editore: Self-publishing
Genere: Narrativa (rosa) – Young Adult
Disponibile dal 17 marzo 2016
(è possibile già preordinarlo)
Prezzo: 1,99€
304 pagine
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SINOSSI:“Siamo amici solo il mercoledì sera e quando non siamo in pubblico”. (Woden Audrey Doolittle)Woden è una patita della chimica e dell'elettronica, piatta come uno skateboard, occhi e capelli di un castano normale e nessun segno particolare, a parte un dente scheggiato per colpa di una caduta sull’asfalto da piccola e il vizio di tingersi le ciocche di capelli di colore diverso quando ne ha voglia. Per il resto è una normalissima e anonima diciassettenne, un po’ maschiaccio, che ogni tanto d’estate si diletta ancora a correre sui marciapiedi con lo skate. Colleziona montature di occhiali da vista stravaganti e non è il massimo della bellezza, ma a lei va bene così."Sono un pessimo amico del mercoledì". (Carter Fitzpatrick)Carter (Saetta) è un pilota Nascar e il suo sogno è di correre nella Spint Cup. È il 'non ragazzo' di Felicia Hadley, la diva del liceo, ma se la spassa con tutto il gruppo delle Cheerleaders, tranne Hannah Jones che per il momento sembra resistergli. Ma lui ama le sfide, anche perché i diciassette anni arrivano una volta sola e non ricapitano più. È una celebrità a scuola da quando in prima superiore era passato dal go-kart a roba più seria. Anche l’aspetto fisico, nel crescere, si era evoluto, facendolo assomigliare più a un bel ragazzo e non più a un ranocchio. Il primo passo era stato togliere l’apparecchio e dopo, tutte quante, erano cadute nella trappola del pilota biondo con gli occhi azzurri...Entrambi hanno un segreto: sono amici da sempre, ma non in pubblico. Si incontrano il mercoledì sera, a casa di Woden per prestare fede all'accordo stretto da bambini: il Woden's Day.Delle domande, però, iniziano a farsi spazio nei loro pensieri...Il Woden's Day poteva continuare fino al diploma, ma poi? Cosa ne sarebbe stato della loro amicizia senza l'unica cosa che li legava?Tra liti, tregue, battibecchi e incomprensioni, Woden con le sue 'teorie' e Carter con la sua 'pratica' cercheranno di trovare una soluzione al problema.
Tania Paxia vive a Bibbona, un paesino nella provincia di Livorno. Frequenta la facoltà di Giurisprudenza (Magistrale) di Pisa e una delle sue grandi passioni è scrivere.
“Nicholas ed Evelyn e il Diamante Guardiano” è il suo primo romanzo. Il racconto che lo segue “Nicholas ed Evelyn e il Dragone Carbonchio” è uscito il 1 marzo. Il secondo della serie “Nicholas ed Evelyn” è in fase di scrittura. Nel frattempo, ha scritto altri libri: “La Pergamena del Tempio” un giallo su base storica edito da Europolis Editing, in ripubblicazione autonoma il 14 agosto 2015, un paranormal “Il marchio dell’Anima EVANESCENT The Rescuer of Souls #1”, un fantasy “La cacciatrice di stelle”, una commedia romantica intitolata “Sono io Taylor Jordan!” e due romanzi rosa intitolati “Ti amo già da un po’” e “Prima che arrivassi tu”.
[Estratto da THE WODEN'S DAY di Tania Paxia]
Middletown – Delaware
Mercoledì, 3 settembre 2008
“E che cavolo,
però. Carter!” gli tolsi di mano il foglietto sul quale aveva appuntato il nome
da dare al giorno in cui, d’ora in poi, ci saremmo rivisti fuori dall’orario
scolastico. Adesso che lui si trasferiva da suo padre dall’altra parte della
città, perché i suoi stavano divorziando, non avremmo più avuto occasione di
rimanere ogni sera l’una a casa dell’altro fino a tardi a fare i compiti, a
guardare la tv o a giocare ai videogiochi (corse di auto, soprattutto). E neanche
tutti i pomeriggi al parco o in biblioteca oppure al cinema di mio padre.
“Wod,
ridammelo”. Mi ordinò, agitando i suoi capelli di un biondo scuro dorato, un
po’ lunghi a forma di scodella rovesciata, con la riga in mezzo. Me lo strappò
dalle mani con una velocità impressionante. I suoi riflessi erano eccezionali,
dato che era abituato a correre con i go-kart. Non c’era verso di sorprenderlo
con qualche gesto improvviso. Mai. “Devo ancora modificarlo”.
Sbuffai. “Vorrei ben vedere”, con
un gesto stizzito raccolsi le braccia al petto, incrociandole. “Audrey’s Day”,
scossi il capo, facendomi sbattere le lunghe trecce castane sul volto e sul
collo, “è orripilante”.
“Ti ho detto che
lo devo modificare, testaccia dura”. Tirò fuori la lingua per farmi una smorfia
accompagnata da un mugolio, più simile a un grugnito, in realtà. Sospirò,
guardandomi negli occhi castani inumiditi da un leggero velo di lacrime. Era
tutto il pomeriggio che piangevo. Non volevo darlo a vedere, ma senza di lui
nella casa a fianco, per me sarebbe stato un incubo. Carter era il mio amico
del cuore. Però quando mi chiamava testaccia
dura, mi saliva l’odio, così lo spintonai, facendolo quasi cadere sul prato
di fronte a casa mia. Il nostro gioco preferito, oltre alla Play era l’azzuffamento.
Di solito iniziavo sempre io, maschiaccio com’ero.
Mi lanciò un’occhiataccia delle
sue, con tanto di broncio e scattò verso di me, togliendomi per dispetto il
berretto rosso con la visiera al contrario. Dei ciuffi di capelli sudati mi si
scompigliarono sulla fronte. Non mi presi la briga di metterli in ordine,
perché ero talmente arrabbiata con lui che gli mollai un pestone sul piede
destro.
“Ahhhhiiiiii”,
cominciò a saltellare sul posto poggiando tutto il peso sul piede sinistro,
stringendosi la scarpa destra con entrambe le mani. Aveva gli occhi chiusi e
una smorfia di dolore sul volto paonazzo per via della corsa che avevamo fatto
dal parco giochi.
Quando lo prendevo a pugni, il più
delle volte, era per dimostrargli il mio affetto, ma non quel giorno. Lo avevo
colpito con rabbia, quasi volessi sfogarmi con lui per una cosa della quale non
aveva colpa. Avrei dovuto prendermela con i suoi genitori, per quella stupida
decisione improvvisa: con sua madre perché aveva preferito la sua carriera di
paramedico alla famiglia, mentre con suo padre perché non usciva mai dalla sua
officina e dal garage della scuderia per la quale lavorava. Il meno impegnato
dei due era sicuramente suo padre, con il quale Carter trascorreva la maggior
parte del tempo. Questo anche quando i suoi vivevano sotto lo stesso tetto.
Raccolsi il mio cappellino da terra
e me lo rimisi in testa. “Così impari a fare lo scemo”.
Carter digrignò i denti, coperti
dai fili metallici dell’apparecchio. “Sei diabolica, Wod”. La sua voce ancora fine
e infantile era più acuta del solito. Aveva quasi le lacrime agli occhi dal
dolore. Cominciò a guardarmi in cagnesco, dopo che gli avevo risposto con una
smorfia trionfante.
“Hai cominciato
tu, con quel nome del cavolo. Perché non lo chiamiamo Fitzpatrick’s Day?” mi
strinsi nelle spalle. “Sei tu che tornerai qui ogni mercoledì, non io”, feci la
voce grossa. “Sì, dovremmo chiamarlo così”.
“Non credo
proprio. Ci pensiamo un altro po’ e poi decidiamo”, sbuffò. Con un movimento
fluido si rimise in piedi, ma si vedeva che era ancora dolorante. “E smettila
di pestarmi i piedi. Mi servono per le gare”. Mi lanciò un’occhiata fulminante
con i suoi occhi di un celeste intenso, quasi blu.
“Carter,
andiamo!” la voce potente, ma gentile di suo padre lo stava chiamando
dall’altro lato della staccionata bianca di legno, dove poco prima aveva
parcheggiato a ridosso del marciapiede l’auto di servizio con scritto sulla
fiancata ‘Officina Fitzpatrick’, per caricare nel bagagliaio gli ultimi
scatoloni.
E così era arrivato il momento dei
saluti.
Osservai il signor Fitzpatrick
mentre gli faceva segno di raggiungerlo: indossava la tuta da lavoro grigia
coperta da macchie d’olio e grasso di motore. Doveva essere venuto direttamente
dalla sua officina solo per prendere Carter e le sue cose. Aveva il volto
tirato in un’espressione stanca e arcigna, con la fronte corrugata coperta da
qualche ciuffo sudaticcio di capelli di un biondo cenere scuro, anneriti dallo
sporco.
“Devo andare”, a
Carter tremò il labbro inferiore per il pianto in grande stile che era riuscito
a trattenere dopo il pestone sul piede.
Annuii. Di solito ci salutavamo
battendo un pugno contro l’altro, oppure con una pacca sulla schiena. Quando
eravamo più piccoli ci abbracciavamo anche, però. E quella era proprio
l’occasione da abbraccio. Quindi, dopo averlo guardato in cagnesco, con gli
occhi appannati dalle lacrime, mi lanciai per abbracciarlo forte. In un primo
momento rimase fermo, quasi sorpreso, ma poi anche lui dovette cedere e
stringermi con le sue braccia esili. “Sarai sempre la mia migliore amica,
Woden”, mi sussurrò all’orecchio.
“Anche tu il
mio”, lo dissi con un soffio di fiato, con una vocina dolce, rotta dalla
tristezza. Mi schiarii la gola con un colpo di tosse e mi discostai, prendendo
le distanze.
Carter aveva il broncio, con le
labbra strette e protratte in fuori. Prese un gran respiro, fissandomi negli
occhi e poi, all’improvviso, si impettì, baldanzoso, ignorando del tutto gli
sbuffi di suo padre. “Io Carter Fitzpatrick, prometto di incontrare la mia
amica Woden Audrey Doolittle, ogni mercoledì sera. Giuro solennemente di
rispettare questo accordo, anche se mi trovassi in punto di morte, rapito dagli
alieni, trasformato in un vampiro, in uno zombie…”
“Carter”, cercai
di fermarlo, perché quando incominciava a parlare – a dire fesserie – non la
finiva più.
“O alle prese
con una gara di go-kart…” continuò, senza darmi retta.
Sbuffai. “Carter”, lo richiamai di
nuovo.
“O con la
febbre…” non c’era verso. Quindi lo presi per le spalle e cominciai a
scuoterlo.
“Carter, ho
capito”, gli urlai. Tossicchiai, per poi calmarmi. “Continua”.
Mi fissò per un attimo, sbattendo
le ciglia contrariato. “Dicevo”, sospirò. “Che giuro di incontrarti ogni
mercoledì sera”.
Dopodiché raschiai la gola e sputai
la saliva sulla mano e gliela porsi, affinché suggellassimo l’accordo. Carter
contrasse il volto in un’espressione schifata, con la bocca tutta storta,
pronta a pronunciare un sonoro “Bleah”. Ma alla fine fece spallucce e
scaracchiò sulla mano, o meglio sbavò sulla mano con una quantità industriale
di saliva, e mi strinse la mano ancora con le labbra contratte per il ribrezzo.
Io gli offrii un gran sorriso di rimando.
“Beh”, si
strofinò ben bene la mano sui pantaloni che gli arrivavano fino al ginocchio.
“Almeno non hai proposto un patto di sangue”, sghignazzò con la sua risatina
intermittente, che finiva con un grugnito.
“Carter, ultima
chiamata! Tra dieci secondi me ne vado. Dieci…” suo padre, in effetti, aveva
avuto sin troppa pazienza.
Carter abbassò lo sguardo,
rattristato anche lui, come me. Perché sapeva che niente sarebbe stato come
prima, anche se avremmo continuato a vederci comunque a scuola. Ma non sarebbe
stata la stessa cosa.
“Allora ci si
vede, Wod”, fece qualche passo indietro, senza perdere il contatto con i miei
occhi.
“Ci si vede,
Saetta”. Gli piaceva un sacco quando lo chiamavo con il soprannome che si era
dato da solo. Come avevo previsto, riuscii a strappargli uno dei suoi sorrisi
metallici. Poi si voltò e cominciò a correre tagliando per il vialetto, per poi
uscire dal cancello in legno.
Presi un gran respiro dopo averlo
visto entrare in auto. Il signor Fitzpatrick agitò la mano verso di me per
salutarmi e io feci lo stesso, dopo averla pulita sulla maglietta. Fu in quel
preciso istante, che capii davvero che Carter mi sarebbe mancato, più di quanto
avessi immaginato. E forse anche di più.
Se ancora non conoscete questa autrice e desiderate scoprire cosa penso dei suoi romanzi letti finora, vi lascio le mie recensioni a:
Buone Letture,
Già la copertina ha vinto, mi piace un sacco...poi anche la trama mi sembra molto interessante, penso proprio che andrà dritto dritto nella mia WL :-)
RispondiEliminaTania è bravissima a realizzare le cover!! La trama mi ispira e sembra molto originale! *-*
EliminaQuesto libro mi ha conquistato alla cover:)
RispondiEliminaTrama ed estratto hanno fatto il resto!
Vero??? l'immagine e i colori della cover son bellissimi!!
EliminaGrazie di cuore! ♥
RispondiElimina(*-* felice di infonderti buonumore! I libri tristi non li so scrivere XD)
E per fortuna, direi!!! ♥
EliminaSarà che io proprio non ce la faccio a leggere qualcosa di triste... preferisco emozionarmi per la gioia ^-^
Questo libro mi ispira davvero parecchio e l'estratto sembra promettente! :)
RispondiEliminaP.S. complimenti per la nuova grafica, è davvero bellissima! *_*
Si sembra proprio promettente!! *-*
Eliminap.s. Grazieee sono felicissima che ti piaccia!! ♥